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La corrida e il bicchierino

01/11/2010
Diffuse dallo stesso giornale radio le due notizie (corride vietate in Catalogna, nuovo codice stradale in Italia) erano apparse del tutto slegate. Eppure entrambe le normative costituiscono pesanti attacchi alla civiltà. Forse a Barcellona la tauromachia ha radici meno salde che nel resto della Spagna ma non riesco a credere che la maggioranza dei catalani trovi imprescindibile, urgente, prioritario, impedire l’ingresso dei matador nell’arena. Cos’è la Spagna senza tori? Cos’è la letteratura senza Leiris, Lorca, Hemingway? Cos’è un uomo che si nasconde la morte, che non misura se stesso, che vuol cancellare anche l’ultimo dei riti sacrificali?
Nella stessa giornata esangui talebani da commissione hanno praticamente annullato la possibilità di bere per chi guida in Italia. Limiti alcolometrici già ridicoli sono stati ulteriormente abbassati, basandosi su generici valori di riferimento: senza un sacrestano a far da autista, il prete non potrà bere neppure quel sorso necessario a celebrare la messa. Come se l’alcool avesse lo stesso effetto su un ragazzino borderline e su adulti avvezzi, anzi assuefatti, al mezzo bicchiere. Come se i padri di famiglia che hanno festeggiato un battesimo non si mettessero alla guida molto più cautamente e serenamente di astemi isterici resi ancor più isterici dal lavoro, dal caldo, dal traffico. Come se un buongustaio straniero non avesse maggior voglia di vivere e far vivere di un salutista innamorato della velocità. Dopo novanta anni dalla disastrosa legge puritana statunitense, in Italia è stato instaurato il proibizionismo. Il divieto, infatti, colpisce tutti: a ognuno è impedito di toccare alcool, perché tutti noi siamo costretti a utilizzare l’auto, quo- tidianamente, e milioni di persone sono costrette a guidare da sole, altro che il partner astinente che sta a contemplare familiari e amici che brindano. Ma dove lo scovano gli antropologi un simile esemplare?
Nessuno insorge. Qualche giornalista prova timidamente a far notare che ne risentirà il turismo enogastronomico. Risentire, che delicato eufemismo. Ma è il meno: io sono angosciato dall’affossamento di una civiltà. Giorni fa, in una conferenza di fine scavi, una gentile dottoressa olandese specializzata in archeobotanica ci ha mostrato un grafico sui rilevamenti di tracce vegetali nel sito messapico di Muro Tenente. La colonna riguardante la vite non trovava sufficiente spazio nel grafico e ha dovuto essere tratteggiata fuori dai bordi. E’ davvero necessario citare i due Testamenti, tutta la poesia e la cultura latine, la nostra storia tutta intera per evidenziare la mostruosità del provvedimento? Perfino l’Islam è pregno di vino e non si tratta solo di poesia: nel Paradiso coranico i Pii «saranno abbeverati di vino squisito suggellato».
La cancellazione delle identità passa attraverso lo sgretolamento delle tradizioni. Ispirati da Bruxelles gli stati si occupano ossessivamente della salvaguardia delle vite - anche animali - triturando tutto ciò che a quelle vite conferisce senso.