Sei in: 

GIOVANNI STANO - Riscoperta di un umanista manduriano

25/07/2013
Si deve alla sensibilità e alla ‘carità del natio loco’ di Vittorio Basile, già dirigente scolastico e acuto uomo di cultura, la riscoperta di un umanista manduriano di elette virtù come Giovanni Stano, sacerdote, docente e studioso di lettere latine e greche, pubblicista e scrittore.

A Giovanni Stano (1877-1952) fu dedicato un convegno di studi nel 2005, proprio per iniziativa dello stesso preside Basile e di alcuni valorosi docenti del Liceo Classico “De Sanctis” e del Liceo Scientifico “Galilei” di Manduria con il concorso dell’Università degli Studi di Bari (e in particolare del Dipartimento di studi classici e cristiani), i cui atti vengono ora pubblicati per le edizioni Filocalia di Manduria. Si tratta di una iniziativa meritoria non solo per la riscoperta dell’umanista e dello studioso, ma anche per allargare lo sguardo a quella nobile tradizione di studi storici ed umanistici che a Manduria vide, fra i non pochi protagonisti, sacerdoti e canonici come Giuseppe Pacelli, Marco Gatti, Leonardo Tarentini.

Il volume si compone di diversi contributi, tutti qualificati e di prim’ordine: da quello di Vittorio Basile, che traccia un profilo biografico di Stano, a quello di Rino Contessa, che fissa con scrupolosa precisione la bibliografia degli scritti, dal saggio di Paolo Fedeli, che affronta il tema della traduzione di Persio da parte dello Stano a quello di Luciano Luisi sulla formazione dello scrittore e le sue qualità di grammatico e retore, dall’intervento di Domenico Lassandro che tratta di Stano quale cultore di antichità a quello di Gioia Bertelli che analizza gli interessi archeologici.

Ne viene fuori un ritratto a tutto tondo di un uomo di scuola e di studio che ha onorato non solo la città di origine ma l’intero territorio jonico grazie alla serietà degli studi e al conseguimento della laurea, prima in Filosofia teologica (oggi diremmo di Scienze religiose) e poi in Lettere Classiche.

A proposito di quest’ultima, conseguita nel 1908 presso l’università di Napoli, qui coltivò con particolare fervore la passione per la Linguistica, divenendo uno dei discepoli prediletti del torinese professor Michele Kerbaker, titolare della cattedra di Lingue e letterature comparate e più tardi accademico dei Lincei. All’insegnamento di Kerbaker, cultore tra l’altro, oltreché di lingue classiche e di sanscrito, di mitologia comparata, si deve probabilmente il suo interesse per gli studi di mitologia classica.

Come ha annotato giustamente Vittorio Basile, Giuseppe Stano avrebbe potuto intraprendere la carriera universitaria e cogliervi significativi successi, se non fosse stato per l’amore incondizionato per la terra natia, che lo riportò a Manduria, dove visse pressoché ininterrottamente sino alla morte, alternando la vita sacerdotale all’insegnamento nei licei di Stato. Infatti, per ben trent’anni (1912-42), dopo aver superato con onore i concorsi nazionali, ricoprì la cattedra di lettere latine e greche e per moltissimo tempo presso il liceo classico “Archita” di Taranto, uno dei licei più prestigiosi della regione. Dal 1943 al 1952 fu anche preside della scuola media “Marugj” e del ginnasio parificato “Antonio Bruno” allogati all’epoca presso il palazzo Pasanisi in Manduria.

A Giovanni Stano è legata una ricca bibliografia, accuratamente redatta da Rino Contessa, che conto della pluralità e varietà di interessi dello studioso manduriano che, nel corso della sua vita, ebbe ad occuparsi di molteplici filoni di ricerca: dalla linguistica alla storia, dalla mitologia alla poesia, dall’epigrafia al sanscrito, a questioni di grammatica e di sintassi… Alcune sue opere, che vale la pena ricordare, furono pubblicate da importanti case editrici di carattere nazionale: Dizionario di miti, leggende, costumi greco romani, SEI, Torino 1930, che conobbe una straordinaria fortuna e fu più volte ristampato; Aulo Persio, Le Satire (con testo, versione e note), Cappelli, Bologna 1936; il Dizionario sintattico latino. I verbi italiani resi in latino nei costrutti e nelle frasi più notevoli, Tip. Guerrieri, Taranto 1925.

A partire dal 1937 e fino alla morte Giovanni Stano collaborò attivamente alla “Voce del Popolo”, la gloriosa rivista tarantina legata alla famiglia Rizzo, che ininterrottamente ne tenne le fila per un secolo (1884-1976) illustrando e commentando i fatti cittadini con rara puntualità e continuità. Lo Stano, conformemente ai suoi interessi culturali (del resto la “Voce” contemplava oltre ai fatti politici, sociali e di costume quelli di cultura), nel corso degli anni 1949-50 scrisse una serie di articoli di grande interesse incentrati sulla Taranto ai tempi di Archita e sulla figura di Archita (428 a.C.-347 a.C.), dimostrando con la sua dottrina la straordinaria passione per il filosofo, matematico, politico, stratega jonico. Gli articoli del 1949 dedicati alla città di Taranto sembrano essere propedeutici alla esplorazione della personalità di Archita e, probabilmente, andrebbero raccolti e commentati in una pubblicazione monografica. L’autore si interessa della vita politica ed amministrativa, mette in luce i caratteri della potenza militare (d’altronde fu proprio sotto la sua guida che la città divenne capitale della Magna Grecia) e nel contempo ci illumina sul pitagorismo che a Taranto conobbe una straordinaria affermazione ed un periodo di vero splendore. Archita, poi, ci viene restituito nella sua poliedricità e versatilità, tanto è il fascino che riesce ad esercitare su Giovanni Stano: e, del resto, come dargli torto se lo stesso Platone sentì il bisogno di incontrarlo, allorché compì uno dei suoi viaggi in Italia?

Infine, una parola merita il suo amore per un poeta come Rabindranath Tagore (che io lessi ai tempi del ginnasio quando la lettura era viatico e sostanza), poeta indiano di formazione occidentale (compì infatti i suoi studi in Inghilterra), che cercò di conciliare la cultura orientale con quella occidentale, nonché il monoteismo cristiano con il politeismo induista e fu ispirato da un particolare amore per il divino e per la bellezza: ciò che lo portò, unitamente al valore letterario, al riconoscimento del premio Nobel per la letteratura nel 1913.